Il direttore d’orchestra Gustav Kuhn e il tenore Plácido Domingo sono ospiti del festival lirico in corso a Verona. Entrambi sono stati accusati di molestie e abusi di potere. E le accuse hanno avuto conseguenze in tutto mondo. Perché la nostra città rappresenta un’eccezione? Ecco la lettera a Gasdia sottoscritta anche da altri movimenti, associazioni e singole persone. Le adesioni sono ancora aperte, scrivendo in privato alla nostra pagina.

Gentile Cecilia Gasdia, le scriviamo in merito al cartellone del festival lirico in programma nella nostra città che ha visto la presenza del direttore d’orchestra austriaco Gustav Kuhn e che la prossima settimana vedrà quella del tenore e direttore d’orchestra spagnolo Plácido Domingo.Le accuse di molestie che decine di donne hanno mosso nei loro confronti sono ben note. Baci forzati, mani tra le gambe, umiliazioni in pubblico, sculacciate prima dei concerti, comportamenti inappropriati, rapporti sessuali in cui il consenso era viziato dal rapporto di potere, atteggiamenti ricattatori, insistenti tentativi di approcci, ripetuti inviti ad appuntamenti anche quando venivano declinati e spesso spacciati come tentativi di fornire consigli professionali.Accuse che hanno avuto, per entrambi gli artisti in questione, delle conseguenze: indagini, abbandono o allontanamento da prestigiosi incarichi internazionali e cancellazione degli spettacoli dai cartelloni dei principali festival del mondo, uno dopo l’altro. Verona rappresenta evidentemente un’eccezione.Kuhn ha sempre negato le accuse, Domingo le ha di fatto confermate scusandosi pubblicamente e cercando, in un recente e imbarazzante articolo su Repubblica, di trasmettere la sua versione, che sta in equilibrio tra un’ammissione di rammarico e un rifiuto di accettare le sue stesse dichiarazioni così come sono state presentate e interpretate dai giornali e da orde di “vendicative femministe”.Eccoci. Siamo quell’orda che pone domande senza timore di peccare di lesa maestà. Perché invitare Kuhn e Domingo?Perché non farlo, potrebbe essere la sua replica, dato che la giustizia ha fatto il suo lavoro e non ci sono condanne di tribunale.Spostare una questione sociale (quella della violenza contro le donne) su un terreno esclusivamente giuridico, evocare la presunzione di innocenza e nascondersi dietro l’assenza di procedimenti non fa altro che mascherare e spacciare per accettabile ciò che comunque non deve esserlo. Non fa altro che seppellire la presa di parola e l’esperienza delle donne contro gli abusi e le molestie.La giustizia si occupa dei casi particolari. Dopodiché sta a noi e a chi ha il potere di fare delle scelte guardare in faccia la somma di tutto: se centinaia di migliaia di donne hanno parlato, non è stato per condannare centinaia di migliaia di uomini in un gigantesco e coordinato complotto mondiale. Hanno parlato per mostrare la realtà sistemica della violenza e degli abusi, di cui ogni donna ha purtroppo fatto esperienza. Hanno parlato per rendere visibile il fatto che riguarda tutte e tutti noi. E che, proprio per questo, merita una consapevolezza collettiva.Quella consapevolezza collettiva, dunque, può essere ignorata? E mentre la si ignora che cosa si sta difendendo davvero? Si difende, e ci si rende complici, di quell’innegabile sistema di potere basato su abusi e molestie. Si contribuisce a renderlo di nuovo invisibile, a condonarlo, a rilegittimarlo per il presente e per il futuro come qualche cosa di ininfluente.E dunque, di nuovo: perché invitarli? Perché non farlo, potrebbe dirci ancora lei, dato che la persona va separata dalla sua arte.Questo dogma viene evocato ogni volta che un artista (di solito uomo) viene accusato di maltrattare qualcuno (di solito donna). Dimenticando, però, che il sistema di cui questi artisti fanno parte e in cui ricoprono ruoli di potere e di prestigio è stato plasmato anche dai loro abusi.Le modalità con cui hanno approfittato delle loro posizioni per offendere e adescare hanno influenzato pesantemente percorsi e carriere di altre persone, ne hanno schiacciato ambizioni e opportunità. Sono uomini che hanno chiuso e aperto strade. Che hanno fatto arte e che al contempo ne hanno distrutta.Invece di pensare alla possibilità di separare l’arte dall’artista, cominciamo a pensare all’impossibilità di separare gli artisti dall’industria-sistema di cui fanno parte. Finora, considerarli degli esseri trascendenti e intoccabili, in nome della loro arte, talento e successo è servito solo a non vedere e a non prendere posizione contro un sistema strutturalmente sessista. Noi siamo quelle che lottano per un finale diverso della Carmen di Bizet. Siamo quelle che non sono disposte a sollevare nessuno e in nome di nulla dalle conseguenze dei propri comportamenti.Siamo quelle che non stanno in silenzio di fronte alla complicità. Siamo quelle che chiedono e le chiedono: perché ci sono voci che contano e altre no?Non Una Di Meno VeronaNon Una Di Meno – lago di GardaNon una di meno – TrentoNonunadimeno ModenaNon Una Di Meno – BresciaCircolo PinkLaboratorio Autogestito ParatodosPianeta Milk – Verona Lgbt Center arci-arcigayI Sentinelli di VeronaFederazione USB VeneziaRete degli Studenti Medi VeronaUDU VeronaAss.Spazio Solidale Associazione Nissa

Articolo sul Corriere di Verona del 24 agosto 2020